Parole e sguardi: la mia visione del copywriting

Ci sono giorni in cui le parole non arrivano, ed è giusto così.
Poi ti siedi, osservi. Una luce che cambia, un gesto distratto, un riflesso sul vetro di una vetrina.
E lì nasce tutto.
Non da un’idea, non da una parola.
Da uno sguardo.
Perché prima di scrivere, bisogna imparare a vedere.
Ciò che vediamo e come lo vediamo è la prima forma di scrittura:
è quello che dà anima e carattere, che costruisce qualcosa con un suo timbro e che vale la pena ricordare.
Tutto questo nasce da ciò che siamo, da ciò che abbiamo vissuto e da come scegliamo di guardare il mondo. Non può essere nè insegnato nè appreso.
E’ unico.

L’urgenza di scrivere
Credo che ogni persona che scrive lo faccia per urgenza.
Perché a un certo punto, ciò che ha visto o sentito diventa troppo grande per restare dentro.
Scrivere è un modo per mettere ordine, ma anche per dare forma alla propria esperienza.
Ogni visione è unica, e così ogni voce.
Per questo non esiste un solo modo di fare copywriting.
C’è chi parte dai dati, chi dalle emozioni.
Io parto dall’osservazione — da quella somma di piccoli dettagli che, insieme, raccontano più di qualsiasi parola.

Scrivere con gli occhi degli altri
Quando lavoro con un cliente, la prima cosa che cerco di capire è come guarda il mondo.
Qual è la sua prospettiva, il suo ritmo, la sua sensibilità.
Solo allora posso iniziare a scrivere davvero.
Scrivere non significa riempire uno spazio, ma restituire un punto di vista.
Significa tradurre una visione in parole, senza distorcerla, ma rendendola più chiara, più coerente, più viva.
A volte serve accompagnarla, altre volte basta metterla a fuoco.

Emozione e lucidità
Il copywriting vive in equilibrio tra due estremi: emozione e lucidità.
Troppa emotività confonde, troppa razionalità raffredda.
Serve la giusta distanza, quella che ti permette di toccare il cuore con mani ferme.
Scrivere è un atto di attenzione.
E l’attenzione è una forma di rispetto — verso chi legge, verso chi si affida, verso ciò che si vuole raccontare.

Il mio mestiere, in fondo
Alla fine, il mio lavoro è questo: vedere.
Vedere le cose prima che diventino parole,
e poi trovare le parole giuste per farle vedere anche agli altri.
Perché il copywriting non nasce dalla voglia di parlare,
ma dal bisogno di far sentire qualcosa che merita di essere visto.

Le parole giuste non spiegano: mostrano

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